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Protezione CivileNucleare. Fukushima, 25mila bambini ancora lontani dalle loro case

Nucleare. Fukushima, 25mila bambini ancora lontani dalle loro case

 A un anno dalla catastrofe che si è abbattuta sul Giappone i più piccoli e le loro famiglie vivono ancora una condizione estremamente difficile. In tutto il Giappone, sono 25mila i bambini che hanno dovuto abbandonare la propria casa, adattarsi a una nuova città, uno spazio domestico non familiare, una nuova scuola e nuovi amici, vivendo disagi che per molti si sommavano alla perdita di persone care.

La sfida della ricostruzione è enorme: soprattutto nella regione colpita dal disastro nucleare, sono al collasso i settori agricolo e ittico, che costituiscono i due principali comparti economici del Paese. Le infrastrutture necessitano interventi a lungo termine, e oltre 300mila persone vivono ancora nei rifugi temporanei, o dipendono dai sussidi governativi per potersi permettere una casa. La maggior parte dei genitori incontrati da Save the Children ha sperimentato come migliaia di persone un improvviso stato di precarietà, la necessità di doversi reinventare un lavoro magari in una nuova città. Oltre 7mila scuole e asili nido sono andati distrutti, comportando un terribile vuoto nella formazione dei bambini.

«La cosa più spaventosa non è stato lo tsunami, ma tutto ciò che è arrivato dopo». Così Honami, 9 anni, descrive agli operatori di Save the Children lo stato d’animo dei bambini di Fukushima, che da un anno lottano contro un nemico invisibile. Hanno imparato a conoscerlo attraverso le notizie della tv o dai timori dei genitori quando vogliono uscire a giocare. Del rischio contagio nucleare intuiscono che si tratta di una terribile minaccia da evitare, un nemico che gli impedisce di giocare nel solito campo vicino casa, che gli prospetta scuole svuotate ancora per tanto tempo, o una confidenza perduta con il mare, un tempo grande amico che adesso si rivela ostile e pericoloso. La voce di Honami si aggiunge a quelle dei bambini e genitori che Save the Children ha ascoltato negli ultimi 12 mesi, condensate nel rapporto “Le Famiglie di Fukushima”.

«Questi bambini hanno raccontano ai nostri operatori di aver perso case, amici, luoghi, affetti, e di provare uno stato d’ansia per il timore che un altro disastro nucleare possa nuovamente sconvolgere una quotidianità che stenta a riprendere», ha commentato Valerio Neri, Dg di Save the Children Italia «L’impossibilità di giocare all’aria aperta, tornare fra i banchi di scuola o al mare, un elemento tanto familiare quanto vitale per il popolo giapponese, ha fatto maturare nei bambini un forte senso di frustrazione e di alterazione della realtà, frutto dei numerosi impedimenti cui sono costretti. Dai racconti, la completa perdita di controllo delle loro vite emerge come una delle peggiori conseguenze della tragica esperienza vissuta».

Save the Children ha dunque deciso di dar voce ai bambini del doppio disastro attraverso una lunga indagine che ha coinvolto anche le loro famiglie, per puntare un riflettore sui bisogni dei più piccoli in una fase in cui il Governo sta disegnando il processo di ricostruzione. A tal fine, una delegazione ristretta e rappresentativa delle migliaia di minori incontrati dall’Organizzazione negli ultimi 12 mesi ha portato al Governo giapponese una proposta di ricostruzione del Paese “a misura di bambino”, presentata al ministro per la Ricostruzione. «Siamo soddisfatti, credo che il ministro ci abbia trattato da cittadini e non come bambini», ha commentato alla stampa Mizuki Taguchi, 14 anni.

L’intervento immediato e rigoroso del Governo giapponese ha prodotto importanti progressi, a distanza di un anno i bisogni più urgenti dei bambini e delle loro famiglie sono stati soddisfatti, ma la scala del duplice disastro è talmente elevata che rende impossibile rispondere alle necessità di tutta la popolazione nel breve-medio periodo.

Da parte sua Save the Children in Giappone dall’11 marzo 2011, ha raggiunto con in suoi interventi oltre 65mila persone.
Nelle settimane immediatamente successive al disastro, ha provveduto a una massiccia distribuzione di kit igienici, vestiario e coperte, estintori, cappucci protettivi per i bambini. Ha in seguito fornito pasti nelle scuole a 20mila bambini e 3mila kit scolastici per il ritorno sui banchi (zaini, penne, quaderni, colori, righelli).

Nei centri di evacuazione di Iwate e Miyagi, Save the Children ha allestito gli “spazi a misura di bambino”, per consentire ai più piccoli di ritornare al gioco in un ambiente sicuro e protetto, e ai genitori di dedicarsi al recupero delle loro attività quotidiane e lavorative.

Save the Children è impegnata nella definizione e adozione di un piano quinquennale di interventi, per garantire un sostegno di lungo periodo ai bambini colpiti dal duplice disastro. Continuerà a farlo anche attraverso il progetto delle biblioteche mobili, allegri bus gialli che già da qualche tempo offrono un’ampia gamma di letture per l’infanzia, raggiungendo i bambini nei rifugi temporanei o nelle aree maggiormente interessate da una ripresa lenta delle normali attività. L’organizzazione è impegnata con la prefettura di Fukushima nella realizzazione di campi estivi per regalare ai bambini della città momenti di svago all’aperto lontani dai luoghi contaminati.

Fonte: vita.it

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